Quando accompagno una persona in una seduta Reiki, so che sto accogliendo non solo il suo corpo, ma anche il suo mondo interiore. Ogni incontro è unico: anche se la tecnica prevede posizioni precise delle mani, il modo in cui l’energia fluisce e ciò che la persona porta con sé rende ogni sessione diversa da tutte le altre.
Per prima cosa preparo lo spazio. Mi piace che la stanza sia ordinata, silenziosa, con una luce morbida e magari un sottofondo musicale che favorisca il rilassamento. Questo non è un dettaglio estetico: l’ambiente stesso diventa parte del trattamento, un contenitore sicuro in cui la persona può sentirsi accolta e protetta.
Invito poi chi riceve a sdraiarsi sul lettino, vestito e comodo. Non chiedo sforzi, non ci sono esercizi da fare: è sufficiente lasciarsi andare, respirare, affidarsi. A quel punto inizio a posare delicatamente le mani su punti specifici del corpo, oppure a mantenerle poco sopra, lasciando che l’energia scorra. Non è un gesto di potere, ma di servizio: io non “do” qualcosa di mio, semplicemente faccio da canale perché l’energia universale possa fluire dove serve.
Dal mio punto di vista, quello che accade è un dialogo silenzioso. Non fatto di parole, ma di ascolto profondo. Con le mani sento a volte calore, vibrazioni, densità diverse: è come se il corpo raccontasse una storia fatta di tensioni, blocchi, ma anche di aperture e leggerezza. Io mi limito ad accogliere tutto questo, senza giudizio, lasciando che il Reiki faccia il suo lavoro.
Ogni persona reagisce a modo suo. Alcuni restano in silenzio, scivolando in uno stato simile al sonno; altri avvertono subito un senso di leggerezza, o piccoli movimenti interiori che li sorprendono. Io non anticipo mai cosa accadrà, perché il Reiki non si impone: accompagna, armonizza, scioglie ciò che è pronto a lasciarsi andare.
Una seduta dura solitamente tra i quaranta e i sessanta minuti. Alla fine, invito sempre la persona a restare qualche momento in ascolto, a riprendere contatto con il proprio corpo, a muoversi lentamente. È spesso in quel momento che emergono sorrisi, respiri profondi, frasi come “mi sento più leggero” o “mi sembra di avere la mente vuota”. E anche se non sempre ci sono parole, io vedo negli occhi un cambiamento: uno spazio di pace ritrovata.
Per me, come operatrice, il Reiki è questo: la possibilità di offrire un luogo sicuro, un tempo sospeso, in cui ciascuno può ricordare di avere dentro di sé le risorse per ritrovare equilibrio e benessere. Io non curo, non guarisco, non faccio magie. Semplicemente accompagno, con rispetto e gratitudine, un processo naturale che appartiene a chiunque scelga di fermarsi e ricevere.



